domenica 8 novembre 2009

Dipendenza affettiva


LA DIPENDENZA
Quando si parla di dipendenza, si intende uno stato psicologico a causa del quale la persona non riesce più a controllare alcuni comportamenti divenuti abitudinari .

In questa breve definizione di dipendenza emergono già alcuni aspetti importanti della condizione mentale di cui ci accingiamo a parlare:

1) la dimensione del controllo, che in questo caso diventa “perdita di controllo o incapacità a controllare un nostro comportamento”

2) la conseguente sensazione di impotenza sperimentata nel constatare che non abbiamo potere sulle nostre azioni

3) l’abitudine che alimenta e rafforza il comportamento disadattivo.



LA DIPENDENZA AFFETTIVA

Pertanto la dipendenza affettiva, definita anche “love addiction”, implica le dinamiche psicologiche descritte sopra, ma all’interno di una relazione con una persona significativa e non con una sostanza o con una cosa come nel caso della tossicodipendenza, della dipendenza da internet, dal gioco….come nelle più comuni dipendenze.

Una quota di dipendenza sussiste in qualsiasi relazione e, se limitata, è utile all’instaurarsi del rapporto in quanto è necessaria all’essere umano per ottenere conferme, sostegno, conforto, empatia e scambio ma, la dipendenza affettiva propriamente detta, assume delle forme così totalizzanti da danneggiare se stessi e la relazione in corso, fino a diventare una vera e propria patologia.

Proprio questa peculiarità, ovvero riferirsi alla relazione con un altro essere umano, ha determinato il suo tardo ingresso nella categoria dei disturbi relazionali, in quanto difficile da riconoscere come un comportamento problematico.

L’aspetto di forte dipendenza dal partner è comprensibile nella fase del corteggiamento e dell’innamoramento, in quanto dipendere dalle conferme da parte dell’altro e aspirare ad un amore quasi fusionale è in parte fisiologico e utile alla nascita del legame, ma questi comportamenti diventano disfunzionali se perdurano nel tempo.



DIPENDENZA AFFETTIVA E ASSENZA DI RECIPROCITÀ

Nella dipendenza affettiva, il partner dipendente si annulla completamente per l’altro la cui esistenza, presenza e vicinanza diventa sostanziale al proprio benessere, alla percezione di essere vivi e utili.

Per tali motivi la persona dipendente si immola per l’altro, dedicandogli tutto se stesso, disconoscendo i propri bisogni evolutivi, consapevole di vivere all’interno di un rapporto in cui non esiste reciprocità, in una relazione squilibrata rispetto al “dare” e al “ricevere”, in cui l’altro può permettersi anche un atteggiamento parassitario o opportunistico, più o meno volontario, spesso consapevole del fatto che il suo partner dipendente non si distanzierà mai affettivamente da lui, anzi, paradossalmente, più massicce sono le richieste, più si rafforza la dimensione della dipendenza.

Accade con una certa frequenza che i due partners non siano per niente affini sentimentalmente, culturalmente, che non condividano progetti, interessi. Le priorità dell’uno a volte non corrispondono a quelle dell’altro, così come non coincidono le aspettative, i bisogni. La relazione può essere per entrambi poco gratificante, autodistruttiva e umiliante ma, nonostante la consapevolezza della scarsa qualità del rapporto, non si riesce a distaccarsi.




LA RELAZIONE D’AIUTO E IL RUOLO DI SALVATORE

Questo meccanismo relazionale spesso presuppone che il partner verso cui si prova quasi devozione e completa sottomissione, venga percepito dalla persona dipendente come una sorta di “salvatore”, la cui vicinanza va a colmare un “vuoto esistenziale e affettivo” che, senza di lui, non si intravede la possibilità di riempire.

In realtà questa forma distorta di aiuto è attuata anche dal dipendente affettivo che, frequentemente, sceglie un partner problematico, a sua volta legato a qualche altra forma di dipendenza (da droga, alcool, sesso, gioco…) e, proprio per questo motivo, crede di poterlo salvare, quasi fosse una missione. Il suo ruolo di redentore giustificherebbe l’attitudine sacrificale ad omettere le proprie esigenze, in una specie di martirio quotidiano.




LA CO-DIPENDENZA AFFETTIVA

Una variante di questa situazione è la co-dipendenza affettiva che presuppone che entrambi i partners mostrino dipendenza affettiva l’uno nei confronti dell’altro arrivando ad instaurare una dimensione relazionale basata sul controllo costante dello stato psichico dell’altro, come unica possibilità di dimostrare il proprio valore, la propria forza e alimentare la propria autostima.



Cermak (1986) individua quattro criteri su cui poter diagnosticare una co-dipendenza:

1. Tendenza ad investire continuamente la propria autostima nel controllo di sé e degli altri, benché vengano sperimentate conseguenze negative;

2. Assunzione della responsabilità altrui pur di soddisfare i bisogni del partner, fino a disconoscere i propri;

3. Presenza di stati d’ansia e mancata percezione dei confini tra sé e l’altro in situazioni di intimità e di separazione;

4. Abituale coinvolgimento in relazioni con persone che presentano disturbi di personalità, dipendenze, disturbi del controllo degli impulsi o co-dipendenti.

Spesso questa patologia della relazione contribuisce al mantenimento del sintomo del partner che presenta il disturbo specifico (tossicodipendenza, disturbo alimentare….).



DIPENDENZA AFFETTIVA E PAURA

La paura è l’emozione dominante in questa forma di dipendenza e guida la maggior parte dei comportamenti inconsulti messi in atto. La persona dipendente vive quotidianamente sotto scacco di vari tipi di paura:


1) La paura della separazione e dell’abbandono

Per farsi ben volere è disposta a fare cose spiacevoli e degradanti e, pur di stare nell’orbita dell’altro, può accettare situazioni per chiunque intollerabili (Lingiardi V., 2005),bastonando costantemente la propria dignità e la propria autostima.

Poiché è inconcepibile pensare alla propria vita senza l’altro, il dipendente fa di tutto per evitare che l’altro sfugga ma, inevitabilmente, provoca il rifiuto di quest’ultimo. Questo rifiuto alimenta ulteriormente il senso di inadeguatezza, la paura dell’abbandono e della solitudine.

Queste sensazioni insopportabili rinforzano a loro volta l’attitudine a calpestare i propri bisogni, i propri spazi. Spesso il partner dipendente vive seguendo l’aspettativa irrealistica che prima o poi perseguirà il suo obiettivo di “farsi amare esattamente come vuole essere amato” e che “il compagno/a non potrà non innamorarsi di lui/lei”.




2) La paura del cambiamento

Non è raro che gli individui affettivamente dipendenti ristagnino per lungo tempo all’interno di queste sabbie mobili relazionali, senza progettualità, senza evolversi, crescendo molto lentamente e il minimo indispensabile perché ogni cambiamento diventa un ulteriore elemento che può sfuggire al proprio controllo, proprio come fa la persona amata.

La percezione che la propria vita si sia fermata è molto forte e frustrante e, proprio questa consapevolezza, contribuisce a fare in modo di “non lasciare la presa”, di perseverare nell’intento di farsi amare da una persona su cui hanno investito a lungo energie e speranze, smettendo di vivere e soffocando le iniziative rivolte al proprio benessere.

I vissuti emotivi dei dipendenti affettivi infatti alternano sentimenti di rabbia e rimorso a vergogna e colpa anche perché, spesso, si mostrano per quelli che non sono, rinunciando ad aspetti sostanziali della propria identità per assumere maschere che hanno il solo scopo di compiacere l’amato. Anche per questi motivi sovente sono gelosi e possessivi.

Più si impegnano a trattenere l’altro a sé e si immolano alla causa, più la posta in gioco diventa alta ed è impensabile tornare indietro o abbandonare tutto.



DIPENDENZA AFFETTIVA E OSSESSIONE

Il pensiero dell’altro avvolge interamente la vita del dipendente affettivo che, in preda a questo pensiero intrusivo e dominante, non riesce a ritagliarsi spazi mentali e fisici personali di cui godere-

Spesso il bisogno di controllare in modo ossessivo la relazione e il partner viene nascosto dietro un’apparente tendenza all’aiuto dell’altro.


Egli vive interamente all’ombra dell’altro, pronto a servirlo, a correre in suo aiuto, ad accontentarlo, tutte attività che assorbono tempo ed energia e non consentono di investire su se stessi. La “dose” di presenza e di tempo (per usare un termine di Giddens) che l’altro può concedere non basta mai, quasi fosse una sostanza da cui è difficile disintossicarsi.

Quando la persona dipendente arriva alla saturazione e tenta la rottura, spesso in modo drammatico e tragico, il pensiero va subito sul partner appena lasciato e il ricordo dell’amato diventa ancora più opprimente di quanto lo fosse prima della separazione e allora, non riuscendo a sostenere il dolore della perdita e l’idea soverchiante che l’altro è lontano, la persona dipendente ritorna immediatamente sui propri passi, pronta a concedersi ed umiliarsi ancora di più per paura che l’altro, offeso dal gesto di rottura, non voglia più saperne.

Ogni tentativo di uscire dal rapporto, viene immediatamente seguito da un subitaneo pentimento e ogni ripensamento è accompagnato da vergogna e colpa.



DIPENDENZA AFFETTIVA E STORIA FAMILIARE

Alcune ricerche hanno evidenziato una correlazione tra l’insorgere di un comportamento di dipendenza affettiva in età adulta e alcune dinamiche familiari vissute durante l’infanzia.

Spesso le famiglie di queste persone presentano delle caratteristiche particolari:

1)impossibilità, da parte del bambino, di sperimentare il senso di sicurezza rispetto alla figura affettiva di riferimento

2)tendenza ad assumere con il partner lo stesso ruolo assunto durante l’infanzia con il genitore di riferimento, nella speranza questa volta di ottenere quelle risposte di reciprocità non avute in passato

3)provenienza da una famiglia che tendeva a trascurare i bisogni emotivi ed affettivi dei suoi componenti

4)provenienza da una famiglia che tende ad ignorare le percezioni e i sentimenti del bambino che, di conseguenza, comincia ad adattare le proprie percezioni a quelle delle figure genitoriali, perdendo la capacità di entrare in contatto con i propri stati d’animo autentici e la fiducia nelle proprie sensazioni. Rischia così di non saper riconoscere quali situazioni affettive possano arrecare danno e quali invece no

5)ambiguità nel comportamento dei genitori che possono aver sedotto o abusato dei minori

6) alto livello di conflittualità, tensione e violenza tra i genitori o tra questi e i figli

7) genitori a loro volta dipendenti da sostanze

8) genitori in competizione tra loro, manipolatori nei confronti del bambino con cui cercano di coalizzarsi a discapito del coniuge

9)un’esposizione nell’ambiente familiare a regole oppressive che sono state in grado di coartare un’aperta espressione dei sentimenti da parte del bambino.




DIPENDENZA AFFETTIVA E SINTOMI SECONDARI

Capita a volte che le persone dipendenti affettivamente, in particolare nei casi di co-dipendenza nella coppia, manifestino alcuni sintomi connessi alla loro modalità relazionale disadattava, come per esempio:

- Depressione

- Disturbi dell’alimentazione

- Insonnia

- Abuso di sostanze

- Disturbi d’ansia

- Sintomi riconducibili ad uno stato psicofisico di stress.




USCIRE DALLA DIPENDENZA AFFETIVA

Uscire dalla dipendenza, per quanto difficile e doloroso, non è comunque impossibile. I percorsi terapeutici indicati consistono o nella terapia individuale o nella terapia di coppia.


Nel caso in cui entrambi i membri della coppia avvertano un disagio nella relazione e siano motivati a cercare una soluzione alla propria sofferenza, una terapia di coppia, ovvero un percorso terapeutico che li coinvolga entrambi, può risultare molto valido, oltre che per riflettere sulle premesse a cui si è ispirata la relazione, anche per ricontrattare e negoziare alcune regole fondamentali dello stare insieme o elaborare alcune nuove modalità di rintracciare il proprio benessere personale con o senza l’altro.


Una terapia individuale può aiutare la persona a trovare dei modi più rispettosi e dignitosi di relazionarsi a se stesso e alle figure affettive significative con cui si è instaurata la dipendenza affettiva, al fine soprattutto di evitare di ripetere gli stessi sbagli nelle relazioni in corso o in quelle future.


In entrambe le circostanze, l’aiuto di una terza persona esterna alla dinamica in atto, ovvero il terapeuta, può rivelarsi molto utile soprattutto perché si trova al di fuori di questo circolo vizioso.



DIFFERENZE TRA LA DIPENDENZA AFFETTIVA E IL DISTURBO DIPENDENTE DI PERSONALITÀ (DPD)

Mentre chi soffre di un disturbo dipendente di personalità può manifestare atteggiamenti che denotano anche una dipendenza affettiva, non è detto invece che chi abbia un problema di dipendenza affettiva manifesti a sua volta un disturbo dipendente di personalità.


Infatti sussistono alcune specifiche differenze tra i due disturbi, soprattutto in relazione al fatto che, nei disturbi di personalità, i comportamenti disfunzionali adottati sono rigidi, cronici e investono molti ambiti dell’esistenza dell’individuo.


Spesso invece le persone che soffrono di una dipendenza affettiva riescono a mantenere un funzionamento sociale e lavorativo congruo e apparentemente normale, conseguendo anche dei successi visibili e potenzialmente gratificanti ma a cui la stessa persona non attribuisce il giusto valore proprio perché il suo scopo principale rimane sempre quello di ottenere l’amore della persona desiderata, obiettivo di fronte al quale ogni altro evento, per quanto positivo possa sembrare, perde di valore.


È pur vero che mantenere per lungo tempo questo stile di vita sacrificale e cieco ai propri successi, può contribuire ad un ritiro sociale e ad un atteggiamento di chiusura verso l’esterno che, con grande probabilità, minacceranno anche quegli ambiti di vita in cui, in passato, la persona aveva controllo su se stessa e sugli eventi, arrivando pertanto alla stessa situazione cronicizzata di coloro che soffrono di un disturbo dipendente di personalità.





IL DISTURBO DI PERSONALITÀ : DEFINIZIONE

Quando parliamo di disturbo di personalità, ci riferiamo ad una “modalità di esperienza interna e di comportamento che si discosta in modo marcato dalle aspettative della cultura dell’individuo e che si manifesta in due o più delle seguenti aree: cognitività, affettività, funzionamento interpersonale, controllo degli impulsi”(Lingiardi, 2001).


Affinchè venga diagnosticato un disturbo dipendente di personalità, questo stile di vita deve presentarsi come persistente, rigido e intrudere in un’ampia gamma di situazioni sociali e personali, compromettere il funzionamento sociale e lavorativo, essere stabile per un lasso di tempo considerevole e insorgere nell’adolescenza o nella prima età adulta.


Il DSM-IV, ovvero il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali-IV edizione, classifica 10 disturbi di personalità che possono essere letti come delle distorsioni o amplificazioni dei tratti di personalità sottostanti. Simili distorsioni possono portare ad adottare un comportamento ed uno stile di vita che diventa rigido e disfunzionale da un punto di vista individuale e relazionale, confluendo in un disturbo di personalità propriamente detto.



IL DISTURBO DIPENDENTE DI PERSONALITÀ (DPD): DEFINIZIONE

Il disturbo dipendente di personalità presuppone un eccessivo bisogno di accudimento che sfocia nell’assunzione di un comportamento sottomesso e subalterno nei confronti della persona o delle persone (genitori, partners, amici …) ritenute in grado di fornire le cure e le attenzioni desiderate.


Questo bisogno comporta una totale incapacità di vivere in modo autonomo, di prendersi delle responsabilità preferendo delegare agli altri le proprie scelte e decisioni, costantemente in cerca di consigli, rassicurazioni, direttive ricercate dalla persona dipendente allo scopo di sfuggire l’autonomia, l’evoluzione personale e l’indipendenza emotiva ed affettiva.

Per mantenere questo stato di assoggettamento all’altro, si è disposti a tollerare condizioni di vita, umiliazioni, frustrazioni e prevaricazioni molto pesanti.

Il DSM-IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali-IV edizione) identifica 8 criteri diagnostici del DISTURBO DIPENDENTE DI PERSONALITà:

1) la persona ha difficoltà a prendere le decisioni quotidiane senza richiedere un'eccessiva quantità di consigli e rassicurazioni

2) ha bisogno che altri si assumano la responsabilità per la maggior parte dei settori della sua vita

3) ha difficoltà ad esprimere disaccordo verso gli altri per il timore di perdere supporto o approvazione

4) ha difficoltà ad iniziare progetti o a fare cose autonomamente (per una mancanza di fiducia nel proprio giudizio o nelle proprie capacità piuttosto che per mancanza di motivazione od energia)

5) può giungere a qualsiasi cosa pur di ottenere accudimento e supporto da altri, fino al punto di offrirsi per compiti spiacevoli

6) si sente a disagio e indifeso quando è solo per timori esagerati di essere incapace a provvedere a se stesso

7) quando termina una relazione stretta ricerca urgentemente un'altra relazione come fonte di accudimento e di supporto

8) si preoccupa in modo non realistico di essere lasciato a provvedere a se stesso.


Dott.ssa Maura Santandrea

www.centropsicoterapiaroma.com

sabato 28 febbraio 2009

Il cambiamento nella coppia


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Molte coppie arrivano in terapia esprimendo una forte esigenza di cambiare il proprio rapporto, vissuto come poco appagante, colmo di incomprensioni, tensioni, malcontento. Inevitabilmente una relazione di coppia insoddisfacente o frustrante può minare la serenità dei partners sia quando si è insieme all’altro, sia quando si è lontani.

Dentro e fuori dalla coppia
Lo spazio mentale e affettivo-relazionale al di fuori del rapporto esclusivo con il proprio partner, può essere vissuto da ognuno in modo diverso: mentre alcuni sono pervasi da sentimenti di sconforto, rabbia, delusione anche al di fuori della coppia, tanto che la stessa sfera lavorativa e relazionale ne viene compromessa, altri invece riscoprono di possedere una propria vitalità ed entusiasmo solo al di fuori dalla relazione di coppia, vissuta di conseguenza come castrante, appiattente e involutiva. A volte è molto doloroso avvertire la sensazione che nella relazione con il proprio partner la nostra vitalità si annulla: rientrare in casa e in coppia diventa sempre più pesante e la distanza emotivo-affettiva si amplifica.
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Il bisogno di cambiamentoAlcuni partners cominciano ad avvertire in modo sempre più impellente l’esigenza di un cambiamento radicale in quanto vivono un evidente disagio di coppia ma, nonostante la consapevolezza del malessere, non sanno in che maniera poter cambiare la situazione, da dove poter cominciare, cosa potersi aspettare, dove poter arrivare. Spesso le fantasie che ognuno matura in merito ad un ipotetico cambiamento (proprio, altrui o della coppia), si scontrano con quelle dell’altro o vengono fraintese a causa di una modalità comunicativa poco propensa all’ascolto ed un atteggiamento di stanchezza e sfiducia verso l’altro che, inevitabilmente, acuisce l’incomprensione e il conflitto.

La richiesta di “cambiamento del rapporto” spesso nasce proprio dalla constatazione che i “cambiamenti personali” non coincidono con quelle che, fino ad un dato momento, sono state le esigenze della coppia: le differenze tra i bisogni individuali di ognuno sembrano diventare sempre più incolmabili e gli stessi valori su cui si fondava la relazione di coppia vengono messi fortemente in discussione. Nessuno dei due si riconosce più nell’altro e nel rapporto. A volte si scopre che la direzione data alla relazione fino a questo momento, forse non era nemmeno un obiettivo condiviso e vengono a mancare quei punti di riferimento mai contestati prima: la condivisione, la complicità, la fiducia, la stabilità. Può capitare che mentre uno pensava di camminare affianco all’altro, questi invece si è sempre sentito da solo; o magari entrambi hanno vissuto dei momenti della vita insieme nell’illusione di perseguire gli stessi obiettivi.

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Differenze di ruoli nella coppiaIn alcuni casi i partners diventano consapevoli dello sbilanciamento dei ruoli di ognuno nella costruzione e gestione della loro relazione: mentre uno può essere percepito come colui che ha guidato e direzionato da solo la coppia, quello che ha scelto per entrambi, che ha pianificato, quello più competente; l’altro invece sembra essere quello che ha perennemente delegato, che non ha mai avuto la responsabilità di scegliere, quello che si è appoggiato sulla determinazione dell’altro o si è lasciato condurre passivamente….Spesso queste percezioni che ognuno dei due può avere nei confronti dell’altro, emergono allo scoperto solo quando la crisi è conclamata, come se fossero rimaste in incubazione per tutto questo tempo, mentre il rapporto lentamente si logorava e i protagonisti erano spettatori inconsapevoli o inabili ad intervenire. E infatti non è sempre facile intervenire prima di giungere alla rottura perché non è sempre facile trovare un modo costruttivo ed indolore per mettere in discussione un rapporto in cui ognuno ha investito affettivamente per lungo tempo, arrivando magari anche a costituire una famiglia.

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Le strade del cambiamentoIn una situazione così complessa i partners desiderano quanto prima un cambiamento ma essi stessi sono confusi e mentre a volte non sanno quale direzione prendere, altre volte sono consapevoli di quale sarebbe la scelta migliore ma non riescono a concretizzarla per paura di ferire eccessivamente l’altro: alcuni vorrebbero che il proprio partner cambiasse in modo tale da riaccendere il proprio desiderio; altri vorrebbero allontanarsi momentaneamente, in attesa che avvenga “qualche cosa” che influenzi la situazione, se stessi o l’altro; altri ancora hanno così tanta paura di perdere la persona amata che sarebbero disposti ad accettare qualsiasi condizione…..
A volte queste spiacevoli circostanze ci offrono l’opportunità di ricordare che, ancor prima di essere un “noi” siamo un “io” e un “tu” e che, proprio queste due entità hanno costruito le basi del “noi” attraverso un lavoro fatto insieme. Nei momenti di crisi della coppia, qualora veramente si voglia perseguire un cambiamento, allora sarebbe utile che ognuno riconoscesse le proprie responsabilità sulla vita di coppia: quello che nel tempo si è scelto di dire o di non dire, quello a cui si è acconsentito o meno, quello che si è preteso o rifiutato. Un cambiamento di coppia è auspicabile solo se ogni partner ha come obiettivo il proprio cambiamento personale, ancor prima di bramare il cambiamento dell’altro.

Gli sforzi che ognuno decide di fare per se stesso e quindi, di conseguenza, anche per il rapporto di coppia, influenzeranno il percorso della relazione. Saranno le scelte di ogni partner a condizionare l’esito della relazione di coppia: evoluzione, stallo, rottura, involuzione.Una totale intolleranza verso il modo di essere dell’altro tanto da arrivare a rifiutare la diversità e ad esigere solo il cambiamento del partner, raramente porta a risultati duraturi, maturi e forieri di serenità nel rapporto. Il lavoro dovrebbe essere svolto a quattro mani o più, se aggiungiamo anche le mani dei terapeuti che, soprattutto nei momenti di crisi, possono rivelarsi di grande aiuto.

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L’influenza della propria storia personaleOgnuno giunge all’ appuntamento con il partner con un proprio bagaglio parsonale, una propria storia fatta di problemi risolti ma anche di molti problemi non risolti. A volte si cade nella tentazione di pensare che l’altra persona possa fornirci la soluzione o addirittura che la coppia possa essere la soluzione ai nostri problemi: non è casuale che sia stata proprio quella particolare persona ad attrarre la nostra attenzione e ad avere in sé ciò di cui noi, in quel dato momento, necessitavamo. A volte, pretendendo esclusivamente il cambiamento dell’altro, rischiamo di diventare ancora più ciechi rispetto a quegli aspetti di noi che ancora soffrono e che aspettano di evolversi, “da soli” o magari “al fianco” della stessa persona che li ha condivisi con noi per tutto questo tempo.

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La comunicazione di coppiaIn questo processo di crescita personale ma anche reciproca, gioca un ruolo fondamentale la possibilità di instaurare una comunicazione scevra dalla paura di esprimere le proprie volontà e le proprie esigenze, una comunicazione autentica che abbia come principale ingredienti un ascolto sincero e un rispetto genuino verso l’altro. Una comunicazione di coppia che permetta realmente di “com-prendere”, ovvero “prendere insieme”, dei nuovi significati su cui fondare un nuovo incontro e un nuovo rapporto; una comunicazione di coppia che non aspiri necessariamente al consenso uniformante da parte dell’altro, consenso che, se eccessivamente bramato, rischia di appiattire diversità che potrebbero invece rivelarsi arricchenti e stimolanti; una comunicazione di coppia che punti principalmente alla condivisione.


Dott.ssa Maura Santandrea
http://www.psicologi-roma.com/

sabato 6 dicembre 2008

Problemi di comunicazione nella coppia


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Sempre più persone chiedono una terapia a causa di problemi di comunicazione nella loro vita di coppia, problemi che spesso generano malintesi, litigi e un progressivo allontanamento reciproco.
Le persone vengono in terapia con la consapevolezza che manca qualcosa di importante nella loro relazione: un collante, una componente che li aiuti a ricostruire la dimensione dell’intimità e della comprensione. A volte capita che un partner, dopo svariati tentativi, reputi ormai inutile continuare a cercare uno spazio di confronto con l’altro e si distacchi sempre di più, evitando i momenti di condivisione, sviluppando una sorta di “istinto di sopravvivenza” che lo porta a puntare, suo malgrado, solo sulle proprie forze, sulle proprie risorse, come se l’altro fosse ormai superfluo anzi, solamente fonte di dispiacere in quanto non riesce a comprendere i bisogni di chi gli sta vicino. Ognuno dei due si costruisce una nicchia appartata in cui vive in solitudine, separato dall’altro ma ancora ufficialmente insieme, senza un vero dialogo, senza uno scambio autentico.
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Generalmente, all’inizio di un rapporto, durante la fase dell’innamoramento, ognuno sembra particolarmente disposto a parlare e ad ascoltare, a farsi conoscere e a voler conoscere l’altro, in modo più spontaneo e naturale. Lo spazio che la coppia si ritaglia per affrontare la dimensione del “noi” è ricercato con maggior impegno. Col trascorrere del tempo, questo spazio si riduce progressivamente, a causa di impegni apparentemente più incombenti; la comunicazione si fa più essenziale e, nonostante alcuni partners continuino a comunicare “tra loro”, comunicano sempre meno “su di loro”, sui loro vissuti in rapporto con l’altro, sui loro stati d’animo, sui loro desideri…..
Alcune persone trascorrono anni in questo silenzio e nel frattempo crescono in solitudine, maturano separatamente l’uno dall’altro e ogni volta che la loro vita di coppia fa incrociare i loro percorsi, si riscoprono vicendevolmente più diversi, scoprono l’altro sempre più distante dalla persona che era all’inizio della loro storia, più lontano dall’idea che uno aveva dell’altro, dalle aspettative e dalle speranze che alimentavano il desiderio di fare un percorso di vita insieme e perseguire un progetto comune. Ci si sente traditi, illusi, delusi, quasi ingannati.
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Questo accade quando due partners crescono “uno accanto all’altro” ma “non con l’altro”, nel frattempo i loro pensieri si evolvono, il loro mondo interiore si complessifica, le loro esigenze mutano, la loro visione della vita si arricchisce ma la persona che hanno accanto non ne è a conoscenza e spesso ciò accade proprio perchè non c’è più uno “spazio-noi” in cui comunicare questi cambiamenti o essere recettivi a quello che l’altro cerca di comunicarci. Si può incorrere nel rischio di dare per scontato che l’altro sappia cosa generi il nostro piacere o dispiacere, come dovrebbe comportarsi per farci stare bene oppure si può cadere nell’errore di pensare che non ci sia bisogno di comunicare i nostri pensieri, tanto “l’ altro può capirmi anche se non parlo”! Quando ci si rende conto che tutto ciò che noi avevamo supposto non accade e che l’altro non è in grado di comprendere le nostre esigenze, allora subentra un profondo senso di rabbia, frustrazione, delusione perché assumiamo la consapevolezza che l’altro non ci conosce come noi vorremmo e che noi stessi non conosciamo abbastanza la persona che abbiamo vicina: molti gesti sottintesi, finiscono per diventare malintesi..
LA COMUNICAZIONE UTILE ED EFFICACE, all’interno di un rapporto, presuppone due dimensioni indispensabili:
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1) riuscire ad ESPRIMERE le proprie emozioni, esigenze personali e di coppia in modo comprensibile per l’altro, sia a livello verbale che non verbale, attraverso comportamenti e gesti significativi ed eloquenti;
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2) riuscire a COMPRENDERE i bisogni e le emozioni dell'altro attraverso un atteggiamento di ascolto e osservazione reali, in assenza di quella dose di pregiudizio che ostacola l’accettazione sincera del modo di essere dell’altro.
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Questi aspetti della comunicazione della coppia non sono semplici da perseguire, soprattutto perché bisogna mantenere una costante attenzione sulla salute del rapporto attraverso interessamento reciproco e impegno nel desiderio di voler esprimere se stessi e comprendere l’altro.Quando queste risorse sono arrugginite ormai da lungo tempo, a volte è difficile ristabilire una comunicazione che assicuri un contatto genuino con la persona amata e spesso la presenza di un professionista esterno alle dinamiche di coppia, un terapeuta, riesce ad aiutare i partners a riappropriarsi delle proprie capacità comunicative e relazionali e a ristabilire una relazione equilibrata e rispettosa dei vissuti di ognuno.
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Dott.ssa Maura Santandrea
http://www.psicologi-roma.com/

sabato 22 novembre 2008

La sessualità e la crisi di coppia


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La sessualità e l’intimità sono ingredienti importanti della relazione di coppia, nonché indici del benessere del rapporto. Sessualità e intimità sono strettamente legate tra loro e ognuna completa e arricchisce l’altra.

L’intimità rappresenta un legame affettivo che implica condivisione; accoglienza delle reciproche differenze; accettazione della possibilità che l’altro entri in contatto anche con la nostra vulnerabilità, spesso nascosta da una forzata adeguatezza; la libertà di poter esprimere i propri sentimenti senza paura del giudizio; la disponibilità a tollerare che un legame intenso ed importante ci esponga alla possibilità di sperimentare dolore o ferire l’altro; un vicendevole scambio emotivo, aperto e senza difese, basato sulla fiducia e sul desiderio di fare l’altro partecipe dei nostri vissuti.

Va fatta però una precisazione importante sul significato dell’intimità, in quanto è spesso oggetto di malintesi: questo legame non si basa sull’ “uguaglianza del modo di sentire”di due persone, in una sorta di unione fusionale tra i due partners, ma si fonda sul rispetto delle differenze del partner, rispetto che ci predispone ad accogliere “il modo di sentire dell’altro”, condividere con lui/lei “il nostro modo di sentire” e dare vita ad una nuova possibilità di relazione che implica il contributo di ognuno e che, proprio per la spontaneità e naturalezza con cui si esplica, diventa arricchente, valorizzante, gratificante e genera la reciprocità, ovvero il senso del “noi”.

L’intimità costituisce un aspetto importante della sessualità di una coppia consolidata, in quanto predispone i partners a vivere l’area sessuale in modo più completo, disinibito, autentico.
Molto spesso capita che, quelle coppie che all’inizio della relazione godevano di una sessualità intensa, appagante per frequenza e intensità, col trascorrere del tempo, vedono sempre più compromessa quest’area delicata ed importante della propria relazione, con grande sofferenza o disagio, espressi in modi diversi, da parte di entrambi i partners.
A volte nessuno dei due riesce a comprendere con esattezza quali siano i motivi che abbiano portato ad un simile deterioramento di questa componente del rapporto, una volta preservata da qualsiasi minaccia e fonte di grande soddisfazione, mentre ora invece è trascurata e scalzata da mille altri impegni prioritari che, in qualche modo, sembra abbiano sempre più rilevanza della possibilità di stare insieme.
Mentre l’erotismo, in senso stretto, è transitorio e destinato a concludersi con l’atto sessuale dell’orgasmo, la sessualità di coppia invece, ha dei significati più ampi all’interno della relazione nella dimensione passata, presente e futura e costituisce una metafora dell’alleanza tra i patners.

Per questo motivo spesso accade che la sessualità sia il teatro di molte battaglie, senza che i due contendenti comprendano bene quali siano i reali motivi per cui sono entrati in guerra, ma la consapevolezza più evidente che hanno, riguarda l’aridità dei loro rapporti sessuali minacciati da ritorsioni, rancore, colpi bassi, rifiuti, prevaricazioni.

Quando si passa dalla fase di innamoramento ad un’unione più stabile e consolidata, anche la sessualità cambia e i due partners si relazionano in modo diverso l’uno all’altro e al mondo esterno: l’altro diventa “mio” ma non nel senso di mero possesso: “mio” marito, “mia” moglie in un contesto pi ampio. Come sottolineano Vella e Solfaroli Camillocci, subentra una nuova forma di consapevolezza: “…la nuova situazione comporta la padronanza dell’altro [e] poiché il veicolo principale di questo senso di padronanza dell’altro è l’esperienza ripetuta dell’unione cooperativa dei due corpi nel raggiungimento di una soddisfazione condivisa, sembra inevitabile che proprio questo veicolo subisca contraccolpi, ogni volta che gli eventi della vita insieme mettono in crisi questo senso di padronanza”.

Gli eventi critici della vita di una coppia sono molteplici e assumono una diversa risonanza a seconda del significato che rivestono per i partners, o le famiglie d’origine, e del valore che loro gli attribuiscono: convivenza, matrimonio, gravidanza, neogenitorialità, successi o fallimenti lavorativi, economici, sociali, lutti, vecchiaia……

In molti casi le coppie si formano sulla base di aspettative illusorie sulla relazione e sull’altro, ispirate da premesse di base che, se disattese dal proprio partner, generano una discrepanza tale tra ciò che era stato immaginato e ciò che costituisce la realtà vissuta, che la persona delusa sperimenta più o meno esplicitamente rancore, delusione verso il partner da cui si sente ingannata/o o abbandonata/o.

Le sensazioni vissute da ognuno, all’interno della relazione, sono molteplici: frustrazione, solitudine, rancore, rabbia, senso di vuoto, indifferenza, rifiuto, dubbi, percezione di essere incompresi e di non poter più condividere le proprie emozioni con l’altro, sorpresa e incredulità per la situazione attuale, senso di impotenza dovuto soprattutto al fatto che, costringersi a “ripristinare la salute” della sfera sessuale in modo forzato, non fa che comprometterla ancora di più e privarla di quella spontaneità e naturalezza che la rendono piacevole.





In questi casi, un aiuto esterno come una terapia di coppia, offre la possibilità di dare uno spazio più circoscritto a tutti quei motivi di contesa che, se restano sepolti, potrebbero essere dirottati in modo sotterraneo in quell’area che, prima fra tutte, caratterizza il legame dello stare insieme: la sfera sessuale.
Essa funge da agente collante quando c’è chiarezza nella contrattazione,implicita o esplicita, delle regole della relazione e tolleranza delle differenze; funge da forza disgregante e corrosiva quando alcune ragioni di conflitto, che è naturale e fisiologico che si vengano a creare nel rapporto di coppia, restano però inesplorate e, per diversi motivi, si evita di affrontarle direttamente.


Dott.ssa Maura Santandrea

lunedì 17 novembre 2008

Il tradimento e la crisi di coppia


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La vita di coppia può essere sconvolta da eventi più o meno prevedibili che hanno il potere di generare una vera e propria frattura tra i partners, molto difficile da tollerare e altrettanto dolorosa da affrontare. Uno di questi eventi è il tradimento.

Alla scoperta di un tradimento, spesso la coppia reagisce con modalità che mettono a dura prova la stabilità di ogni membro: un alto livello di stress, reazioni aggressive,comportamenti caotici, incapacità nella gestione della propria rabbia, senso di frustrazione e umiliazione, smarrimento, pensieri ossessivi.

Ogni partner attribuisce all’altro degli atteggiamenti irrazionali, la comunicazione diventa problematica e incomprensibile, l’altro viene percepito come un estraneo in quanto attua condotte insolite e indecifrabili.

La frattura, nella coppia, è dovuta soprattutto alla sensazione che siano venute meno le premesse di base su cui si fonda una relazione impegnata. Il tradimento ha minacciato la stabilità, la sicurezza, la fiducia, la reciprocità, il progetto comune, le certezze costruite insieme, la lealtà…….

A volte i partners si stupiscono delle loro stesse reazioni: coloro che, all’inizio della relazione di coppia, avevano giurato che, se avessero subito un tradimento, avrebbero sciolto il legame, ora invece, davanti al fatto compiuto, non riescono ad andarsene; coloro che, all’inizio della storia, affermavano che la loro relazione era più importante di qualsiasi scappatella, ora invece, alla scoperta dell’infedeltà, se ne vanno di casa senza esitazione.

Eventi di questo tipo possono costituire dei fattori molto destabilizzanti per il benessere psico-fisico di ognuno e, quando sono presenti dei figli, possono ripercuotersi notevolmente anche sulla salute della prole.

I sintomi di stress all’interno della coppia, a volte possono manifestarsi anche prima della crisi conclamata e il tradimento può diventare l’esito finale di un disagio presente da tempo.
I fattori in grado di contribuire a questa rottura sono diversi e dipendono dalla storia della coppia, dal contesto di vita, dalla personale capacità di tollerare lo stress o risolvere i problemi, dalla fase della vita che si attraversa.

Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante, infatti i motivi che spingono una coppia di mezza età al tradimento, potrebbero essere ben diversi da quelli presenti in una coppia più giovane. Tra l’altro, quando si tratta di coppie con figli, le variabili che incidono su questa scelta sono ancora più complesse.

Generalmente in una coppia con figli piccoli, la donna è molto impegnata, più o meno volontariamente, nell’accudimento dei bambini e, in alcune circostanze, questa esclusività di relazione tra madre e figlio, può portare l’uomo a sentirsi solo, trascurato, svalutato, mina la sua autostima e può condurlo a cercare fuori dalla relazione coniugale ciò che gli è venuto a mancare.

Ben diversa è la situazione in cui c’è assenza di figli o la prole è cresciuta. Nel primo caso entrambi i partners sono più inclini a valorizzare la realizzazione personale, avvertono un minor numero di vincoli all’interno della relazione; nel secondo caso, i genitori abituati al sacrificio della propria felicità per quella dei figli, potrebbero scoprirsi non più così disposti ad adottare quest’ottica sacrificale e pensare maggiormente al proprio benessere. È pur vero che, una crisi extraconiugale in questa fase della vita, incide severamente sulla stabilità emotivo-affettiva della persona tradita, generando un forte senso di impotenza e paura per il futuro.

Gli altri agenti che possono portare al tradimento, riguardano modalità relazionali che, nel corso del tempo, possono aver gravato sulla costruzione di un rapporto autentico, intimo, comprensivo.
Ad esempio:
- la tendenza a lasciare i conflitti aperti e irrisolti
- il sacrificio dell’autenticità o delle proprie esigenze personali, allo scopo di dare vita ad un’unione ideale che, in apparenza, rasenta la perfezione
- l’evitamento dei conflitti o del disaccordo perché convinti che possano logorare il rapporto
- l’insoddisfazione protratta nei rapporti sessuali che vengono vissuti come poco gratificanti o assenti
- l’evitamento dell’intimità che, di conseguenza, ostacola la condivisione, la complicità e favorisce l’alienazione dalla vita di coppia
- l’assenza di solidi confini che preservino la coppia da ingerenze esterne (amicali o familiari)
- l’assenza di specifici spazi e tempi che appartengano solo alla coppia, lontani dall’intromissione costante di pensieri rivolti ai figli o al lavoro

La terapia di coppia, in questi casi, fornisce un adeguato spazio di contenimento ed elaborazione dei molteplici fattori che portano alla spaccatura della coppia. A volte il tradimento può costituire un elemento che, per quanto doloroso, permette una rinegoziazione delle regole all’interno del rapporto, aprendo nuovi canali comunicativi tra i partners e favorendo la tendenza ad attingere a nuove risorse del legame.

La relazione può fare un salto di qualità, sia nel caso in cui si decida di restare insieme, sia nel caso contrario. La terapia di coppia aiuta ogni membro ad esprimere le proprie autentiche esigenze e ad accogliere in modo nuovo quelle dell’altro, costruendo un rapporto basato su una reciprocità più genuina, fondata su scelta e responsabilità.
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Contributo della Dott.ssa Santandrea al servizio giornalistico di Brunella Matteucci: "Ti lascio perchè.." in onda sul TG5 del 17/11/2008

Dott.ssa Maura Santandrea
Dott.ssa.Santandrea@Psicologi-Roma.com
http://www.psicologi-roma.com/

La depressione nella coppia


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Alcuni eventi della vita possono portare la coppia a confrontarsi costantemente con la depressone di uno dei due partners e assistere impotenti al perdurare del disagio sperimentato dalla persona amata e, di conseguenza, alla compromissione del benessere della vita di coppia, familiare e sociale.

Una depressione può insorgere per diversi motivi ed è difficile stabilire una causa ben precisa. Ci sono però alcuni eventi che potrebbero scatenare una reazione di tipo depressivo: un lutto significativo, il sopraggiungere di una malattia, l’isolamento sociale, un trasloco o un trasferimento in un altro paese/città, un vissuto traumatico, la presenza di conflitti cronici sul posto di lavoro, eventi post-partum o la neogenitorialità, l’ abuso di alcool e droghe, la perdita del lavoro, improvvise difficoltà economiche, i conflitti coniugali o le incomprensioni prolungate tra i partners..........

Le persone che hanno a che fare con la depressione propria o di un congiunto, sono costretti a fare i conti con rilevanti costi emotivi (disperazione, sofferenza, dolore, impotenza.....); costi fisici (malattie e disturbi di varia entità, frequenti visite mediche); costi sociali (ritiro sociale, conflitti coniugali e familiari, perdita delle capacità genitoriali, divorzi, perdita di affetti importanti…..)
Il partner depresso generalmente manifesta:

• un evidente abbassamento del tono dell’umore
• una sorta di anestesia affettiva, per cui c’è incapacità a provare un’adeguata risonanza affettiva ed emotiva
• l’anedonia, ovvero una forma di "anestesia organica" che porta al disinteresse per il piacere (ad esempio i piaceri del cibo, del sesso, del sonno) e che è accompagnata da insonnia o ipersonnia, astenia e perdita della libido
• un atteggiamento costante di rinuncia dovuta al sentire di non avere i mezzi per affrontare le situazioni che vengono percepite come immodificabili
• un marcato senso di impotenza verso se stessi, verso gli altri e verso il mondo in generale
• un forte senso di colpa e rovina
• la perdita del gusto
• demoralizzazione , scoraggiamento, avvilimento, tristezza
• la percezione di non ricevere aiuto
• la percezione che il tempo ristagni
• la pesantezza del corpo che conduce all’immobilità

Uno studio di Janowsky e coll. , ipotizza che : “I sentimenti del partner non depresso verso quello depresso sono un insieme di rabbia per la stretta dipendenza che instaura, simpatia per la sofferenza del paziente ed occasionale senso di colpa per aver contribuito personalmente alla sua depressione... Il partner “sano”, oltre la rabbia e ai sensi di colpa…… si rende conto di essere importante per l’altro e necessario alla soddisfazione dei suoi bisogni”.

Sembra infatti che ci sia un’ elevata correlazione tra disturbo depressivo e conflitti coniugali, nel senso che la persona depressa risulta essere particolarmente vulnerabile agli stress della vita di coppia. Diversi studi hanno dimostrato l’alta incidenza della depressione tra individui sposati o divorziati: nelle donne si manifesta preferenzialmente durante il matrimonio, negli uomini dopo la separazione.

Quando in una coppia è presente un’alta conflittualità, questa potrebbe predisporre l’episodio depressivo o essere una conseguenza di questo ma, comunque, il disaccordo nella coppia viene esasperato dall’insorgere della depressione e viceversa.

La presenza di una forma di depressione all’interno della relazione di coppia, mette a dura prova entrambi i partners che spesso sentono, ognuno in modo diverso, la responsabilità dello “stato di salute” della relazione. Infatti ogni partner cerca di impegnarsi, nella misura in cui gli è possibile, ad andare nella direzione dell’altro senza però riuscire a migliorare il rapporto. L’assenza di risultati concreti, nonostante gli sforzi compiuti, costringe la coppia a confrontarsi costantemente con la propria impotenza e aumenta la percezione di ognuno di essere incompreso dall’altro, di non essere valorizzato nei tentativi compiuti per risollevare la situazione, di essere inadeguato. La sensazione di avere un legame sempre più a rischio diventa pervasiva e alimenta ulteriormente la percezione di instabilità come in un circolo vizioso.

La terapia di coppia permette ai partners di canalizzare le proprie risorse nella direzione più utile, ristabilire un livello comunicativo intimo che eviti le incomprensioni e permetta ad ognuno di esprimere i propri vissuti in base alle proprie personali esigenze e possibilità e in base a ciò che ognuno è disposto ad offrire e condividere con l’altro.

Dott.ssa Maura Santandrea
Dott.ssa.Santandrea@Psicologi-Roma.com
http://www.psicologi-roma.com/

Coppia, matrimonio e genitorialità


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Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una crescente pluralizzazione del modo di essere coppia: coppia di fatto, coppia omosessuale, coppia aperta, coppia monogamica, coppia ricostituita….Tra i vari stili permane quello del matrimonio, anche se la crescente provvisorietà delle relazioni intime dovuta all’altrettanto crescente complessificazione della società, hanno inciso sul calo dei matrimoni.

Un simile passo costituisce un momento di transizione che mette allo scoperto la qualità della relazione, le dinamiche sottostanti sia alla coppia sia a tutta la famiglia allargata.
Alcuni meccanismi di interazione presenti all’interno della coppia possono essere il frutto di modelli appresi osservando lo stile relazionale dei propri genitori oppure il frutto di modelli adottati per evitare un simile stile relazionale.

Queste scelte si manifestano sia nel ruolo di coniugi che nel ruolo di genitori e determinano sia l'insieme di regole che stanno alla base del'interazione dei partners e del loro modo di essere una coppia, ovvero il patto coniugale (Cigoli, 1998), che l'insieme di regole che stanno alla base del loro modo di essere genitori, ovvero il patto genitoriale, quest’ultimo nella coppia con figli.
Ogni transizione costituisce un passaggio importante da una condizione conosciuta ad una ignota e permette di rielaborare i rapporti tra familiari attribuendo nuovi significati, nuove possibilità di espressione, nuovi obiettivi. Le transizioni possono essere innescate dalle naturali fasi del ciclo vitale come il matrimonio, la nascita o l’adozione dei figli, la perdita di un proprio caro…. e costituiscono dei momenti intorno ai quali riorganizzarsi in modo più o meno costruttivo e più o meno ripetitivo.

Esse rappresentano un’ opportunità per comprendere quanto i nostri schemi di funzionamento siano funzionali, siano il frutto di una sintesi personale o di una riproposizione di qualcosa di conosciuto nelle generazioni precedenti e da esse appreso.
Affrontare queste tappe vitali potrebbe generare una crisi familiare o magari una crisi di coppia che permette di svelare come funziona la struttura familiare allargata, i mandati familiari, i miti a cui si ispira la cultura familiare, il modo in cui avviene lo scambio generazionale.
Ogni salto evolutivo è caratterizzato, consapevolmente e inconsapevolmente, da obiettivi e aspettative che potrebbero essere disattesi. Ad esempio il matrimonio può portare con sé aspettative di autonomia e indipendenza dalla famiglia nucleare; bisogno di intimità e complicità; condivisione di un progetto di vita comune; desiderio di diventare genitori e quetse fantasie non sempre si realizzano nel modo in cui si desiderava.

Allo stesso tempo anche la generazione precedente può nutrire aspettative verso il matrimonio dei propri figli: la possibilità di diventare nonni, di sentirsi più o meno utili alla vita dei neogenitori, di avere una discendenza, di esercitare nuovamente potere sui propri figli…..
Tutti questi vissuti in merito al matrimonio spesso possono scontrarsi e creare tensione nel sistema familiare allargato (genitori, fratelli, zii..) oltre che nella coppia.

Le attese dei propri genitori potrebbero trasformarsi in pressioni e le aspettative proprie e del partner potrebbero diventare priorità indissolubili o vissute con sacrificio: e allora la nascita di un figlio rischia di essere vista come l’unica possibilità di salvare il matrimonio di una coppia che si è formata ancor prima che ogni membro si differenziasse dal proprio nucleo familiare originario; la mancanza di latte al seno in una neomamma può trasformarsi in una pesante sconfitta verso la propria famiglia d’origine o in un forte senso di inadeguatezza verso il neonato; altre volte si vuole diventare genitori a tutti i costi solo per obbedire ad uno standard sociale senza aver raggiunto la maturità psicosessuale adeguata ed avere interiorizzato le necessarie funzioni genitoriali e senza la consapevolezza connessa all’esercizio della responsabilità genitoriale; altre ancora la genitorialità è vista come un limite alla propria libertà e può mettere a repentaglio il progetto comune all’interno della coppia oppure il rapporto con i propri familiari.

Tutti questi aspetti sono molto più comuni di quanto si pensi ma spesso è difficile esprimere apertamente dubbi, riflessioni o constatazioni riguardanti queste dinamiche per timore di sentirsi diversi o apparire impreparati. La seguente vignetta di Alfredo Chiappori è molto eloquente:


Le attese intergenerazionali sul matrimonio sono progressivamente cambiate nel corso del tempo: mentre in passato ci si aspettava che la coppia generasse immediatamente un figlio come riprova della potenza sessuale del maschio e della fertilità della femmina, oggi questa ideologia risulta superata e persiste solo in una minoranza di persone, infatti ora viene generalmente accettata una fase di conoscenza e assestamento tra i partners, spesso sotto forma di convivenza prematrimoniale, passata la quale, a volte, non è detto che ci si senta pronti per affrontare il passo del matrimonio.
Viversi la coppia e vivere in coppia implica una negoziazione delle regole della relazione sia da un punto di vista coniugale e, successivamente,per coloro che scelgono di avere figli, genitoriale.


Dott.ssa Maura Santandrea
http://www.psicologi-roma.com/